La fuga delle professioni sanitarie, Le proposte per arginare l’esondazione.
“Il dramma della mancanza di professionisti sanitari è a casa nostra. Non è confinato a cronache lontane che ci illudono di essere un’isola felice. E se tocca il capoluogo, devasta la provincia. L’ultima conferma arriva da Montecchio, dove un progetto di riorganizzazione dello stesso ospedale è stato sospeso – secondo l’azienda – almeno fino alla fine dell’estate proprio per la mancanza di infermieri”. Così denuncia Gennaro Ferrara, segretario di CISL FP dal presidio davanti all’ospedale Franchini svoltosi questa mattina insieme ai colleghi infermieri, OSS e amministrativi dell’Ausl.
Presente anche la segretaria generale Rosamaria Papaleo che afferma: “Dal paziente zero al personale zero, presidio per il cambiamento. Qua 5 anni fa l’ospedale veniva chiuso e tutto il personale dislocato su tutta la provincia. Oggi stiamo affrontando una diversa emergenza: è bene renderci conto che siamo dentro questa tempesta. Ma prima di naufragare, proviamo a ridurre le vele o cambiare rotta”
LE PROPOSTE DI CISL PER CHI VIENE DA FUORI
“Occorre agire – riprende Ferrara - su due linee. Una esterna: migliorare l’attrattività del nostro territorio è fondamentale per rendere il sistema sanitario appetibile anche per i professionisti che vengono da fuori. Serve dare risposte concrete alla difficoltà di trovare alloggi, sia nel capoluogo che in provincia. Durante il Covid era stata sperimentata la soluzione di offrire alloggi in albergo per le assunzioni temporanee estive: una proposta efficace che, inspiegabilmente, non è stata più riproposta”.
E poi c’è l’aspetto economico. “Serve rinnovare al più presto il contratto nazionale – tuona Ferrara -, con risposte chiare sia dal punto di vista economico che normativo. Se a qualcuno le risorse stanziate sembrano insufficienti, ricordiamo che oggi tutti i dipendenti stanno ricevendo… il nulla. Speriamo che le elezioni RSU del pubblico impiego, in programma a metà aprile, possano segnare un punto di svolta”.
LE AZIONI DA ATTUARE PER IL PERSONALE DELL’AUSL
L’altra linea è interna: l’azienda deve iniziare a prendersi cura davvero delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori. “Cresce infatti – denuncia il sindacalista - il numero di neomamme a cui viene negato il part-time, anche in presenza di due o tre figli. E così molte sono costrette a cambiare professione, scegliendo contesti dove è possibile conciliare lavoro e famiglia. Tutto questo mentre da ogni parte si grida all’inverno demografico”.
Serve anche un cambio radicale nella comunicazione interna, ancora troppo verticale e poco partecipativa, nonostante si tratti di professionisti con lauree e titoli avanzati. E la mentalità aziendale deve evolversi: quando si può investire, lo si deve fare, senza paura.
“Un esempio emblematico – conclude Ferrara - riguarda gli espianti di organi: un’attività fondamentale, che salva vite umane. In questo ambito, la direzione generale non è riuscita a convincere – nei confronti con gli altri soggetti istituzionali e interaziendali – della necessità di riconoscere anche al personale del comparto il valore di un lavoro cruciale, svolto con competenza, dedizione e spesso oltre l’orario di servizio. Serve maggiore determinazione e visione per ottenere ciò che è giusto”.
Sul fronte regionale, invece, bisogna essere chiari: se l’Emilia-Romagna vuole davvero trattenere le proprie professioni sanitarie e non assistere in silenzio al loro esodo verso altre regioni o il privato, deve agire in fretta. “Altro che nuove tasse – rilancia Ferrara-, come già messe dal presidente De Pascale, per sostenere un sistema che sta soffrendo: serve un vero piano Marshall per il personale della sanità pubblica, con risorse fresche, incentivi mirati e un programma straordinario per il benessere organizzativo. Non si può continuare a chiedere sacrifici senza offrire prospettive concrete. Infine, se davvero mancano le forze, l’azienda deve avere il coraggio di dirlo ai cittadini. Non si possono offrire oggi gli stessi servizi di cinque anni fa, con organici ridotti all’osso. Non dire nulla significa solo illudere i pazienti e sovraccaricare il personale”.